giovedì 16 settembre 2010

Una gattara di mio gusto

Autoritratto con due gatti; da Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina
Non è per caso che Elsa Morante si rappresenta accompagnata da due gatti!

Però vorrei disegnare prima la sua visione degli animali in generale: tutti gli animali, secondo Morante, sono ancora in uno stato di grazia, per non aver mangiato il frutto della scienza nel paradiso terrestre (per così dire); perciò gli animali non solo non hanno la conoscenza del bene e del male, ma anche offrono a noi una compagnia priva delle "guerre faticose della speranza e dell'orgoglio." Insiste Morante, "Grazie a loro, noi possiamo incontrare, sulla terra, uno sguardo vivente che ci dichiari l'amicizia più tenera, senza nessuna ombra di giudizio!" E conclude la nostra, "Infelice l'uomo che ignora le consolazioni di simile amicizia!" E chi torna alle opere morantiane--a La Storia con la cagna Bella o a Menzogna e sortilegio con il misterioso gatto Alvaro o all'Aracoeli in cui Manuele si ricorda tristemente di un cagnetto perduto nell'infanzia--vedrà quell'amicizia.

Comunque, existe per Morante tra quegli esseri beati un re, "il vero re degli animali", ed è il gatto siamese.  (Morante, Elsa, Cesare Garboli, and Carlo Cecchi, eds. Opere. Vol. 2. 2 vols. Milano: A. Mondadori, 1988, p. 1475-1477)

Nella collezione di poesia Alibi ci sono due poemi che si trattano dei gatti: "Minna la siamese" e "Il gatto all'uccellino." "Minna" offre un ritratto di una gatta siamese e il suo tempo, così diverso dall'umano: 


Se penso a quanto di secoli e cose noi due divide, 
spaúro. Per me spaúro: ch’essa [Minna] di ciò nulla sa.
Ma se la vedo con un filo scherzare, se miro
l’iridi sue celesti, l’allegria mi riprende.
"Celeste", parola che ci riporta all'idea morantiana degli animali come abitanti dell'Eden e ai giovani eroi dei romanzi (Eugenio, Edoardo, Useppe e Wilhelm, tutti dagli occhi celesti) e dei racconti ("I due zaffiri", "La nonna").


"Il gatto all'uccellino", del 1957, anno stesso della pubblicazione de L'isola di Arturo, invece ci racconta  la caccia di un uccello dalla prospettiva felina. Sottotitolato "scherzo", termine che evoca la musica mozartiana così importante alla fine de L'isola di Arturo, il poema è una danza bramosa e carnale ("O vita della mia carne, alato sangue...")

 Sul filo periglioso tu, pieno di grazia
ti posavi, e in un volo a me ti rubi:
a me che giro digiuno in cerchi insani,
io futile minotauro negato al volo.

E il poema atterra in modo scherzante con il verso: "E un topolino di terra fu la mia preda."

...

In una memoria pubblicata nel 1988 Luca Fontana descrive Elsa Morante stessa come una gatta da occhi di colore viola. (Fontana, Luca. "Elsa Morante: A Personal Remembrance." PN Review 14.6 62 (1988): 18-21.)
Fontana ci spiega (che cito qui nella lingua originale in cui l'ho trovato): "To cats she devoted an affection bordering on Egyptian worship... 'Cats', she maintained, 'are not tame animals like dogs. They have chosen to live with us; to an extent cats are parasites of man - we are nothing but the right environment for them.' All the cats of Rome, the million cats which live in the ruins, knew her personally, and she knew them too. She used to give a name to any stray cat that crossed her path, and she could recognize him or her years later. Besides caring for her own many Siamese cats, her private worship consisted in going out late at night, wandering through ruins and fora with two huge carrier-bags filled with tripe, sweetbreads and any possible delicacy, and feeding as many as possible. She wasn't alone in these expeditions - she used to meet dozens of other ladies adept in the same cult, which is still quite widespread in Rome among old, lonely women with a meagre pension; they are popularly known as le gattare, the cat-ladies. During these nights she underwent a metamorphosis; even in appearance she became one of them, speaking the same brand of Roman dialect, turning a perfect gattara. She would sit on a worn step or a toppled capital and chat away for hours. She knew all their stories, and in her handbag she often had a few envelopes with some money for those of them who were more in need."
E secondo William Weaver, nel suo Open City: Seven Writers in Postwar Rome, Morante sempre rifiutava regolarmente di mangiare a una certa trattoria perchè credeva che il proprietario trattava male il suo gatto!

Nessun commento: