martedì 28 dicembre 2010

Aracoeli, 28 anni fa

Il 10 dicembre 1982, La Stampa:






La Stampa del 10 dicembre anche offriva citazioni delle recensioni del romanzo Aracoeli; si notino le tante riferenze all'Ottocento per descrivere il romanzo e/o la scrittura morantiana!

Alberto Moravia e l’America: Conferenza internazionale 19-21 maggio 2011

A Roma il 19 al 21 maggio, avrà luogo una conferenza internazionale, "Alberto Moravia e l'America," presso:


The Association of American College and University Programs in Italy (AACUPI) 
Corso Vittorio Emanuele II, 110 — 00186 Roma 

Associazione Fondo Alberto Moravia
Lungotevere della Vittoria, 1 — 00195 Roma 


John Cabot University  
Guarini Campus: Via della Lungara, 233 
Tiber Campus: Lugotevere Raffaele Sanzio, 12 
00165 Roma 




Questo convegno si propone di riattraversare l'opera moraviana dalla specifica angolatura del suo rapporto con gli Stati Uniti, nella doppia direzione dello sguardo di Alberto Moravia sull'America e dello sguardo dell'America su Alberto Moravia.



E per voi lettori di questo blog morantiano, Serafino Amato della facoltà della John Cabot University parlerà di "Alberto Moravia negli archivi del Fondo Moravia di Dacia Maraini e di Elsa Morante" il 21 maggio.  

domenica 5 dicembre 2010

Robert Katz e "La Storia"

Ho appena finito di leggere The Battle for Rome di Robert Katz; mi è colpito il suo impiego de La Storia di Elsa Morante.

Katz cita il romanzo controverso tre volte come se fosse il reportage dei nove mesi dell'occupazione nazista invece di un romanzo--spesso per esprimere gli umori del popolo romano (pp. 275, 305 e 311).  E infatti Morante cerca di dare voce a quel popolo ne La Storia, mostrando la sua ben notata simpatia per "gli umili".

Benchè Morante conoscesse benissimo Roma, e sapesse quant'era una città oppressa, triste, affamata durante quei nove mesi, non sarebbe stato più adatto citare La Storia come finzione o come resoconto 'romanzato' in un'opera storiografica?

martedì 30 novembre 2010

Mariateresa Di Lascia: nell'ombra di Elsa Morante?

Oggi vi indico un'analisi interessantissima del rapporto fra Elsa Morante e Mariateresa Di Lascia, o meglio tra Menzogna e sortilegio e Passaggio in ombra, che appare nell'antologia Women's Writing in Western Europe: Gender, Generation and Legacy, a cura di Adalgisa Giorgio e Julia Waters (Newcastle, UK: Cambridge Scholars Publishing, 2007).

Nella sua analisi, il nono capitolo de Women's Writing in Western Europe, Adalgisa Giorgio rifiuta "the anxiety of influence" di Harold Bloom come modello per il rapporto tra Di Lascia e Morante. Secondo Giorgio,  questo modello de "the anxiety of influence" benché sia maschilizzato e negativo nonostante viene spesso utilizzato in modo quasi inconscio dei critici di Passaggio in ombra. Modello legato alla visione di Morante come unicum novecentesco, senza seguaci o "figlie" letterari; una visione respinta da Giorgio stessa, Concetta D'Angeli, Sharon Wood e Stefania Lucamante, per citarne alcuni critici più recenti morantiani.


Giorgio riapre la questione del rapporto tra Di Lascia, che negava di aver letto Morante (comunque sembra che abbia letto Menzogna e sortilegio almeno due volte) e la grande scrittrice: "What is then the status of Passaggio in ombra in relation to its model [Menzogna e sortilegio]?"

Giorgio traccia i modi in cui il "text"di Passaggio in ombra rispecchia e anche rispinge l' "intertext" morantiano, usando tre termini della retorica classica: imitatio, elocutio e dispositio. Imitatio è il termine principale con cui Giorgio descrive la scrittura di Passaggio in ombra: una copia che fiorisce nel suo imitare con inventio.

Tornando alle poche pagine de Le relazioni sentimentali, il secondo romanzo lasciato incompiuto di Di Lascia, Giorgio propone che Di Lascia ci stia ancora riscrivendo Morante, riconoscendola come la sua "literary Mother." 

Copertina originale del primo romanzo morantiano che richiama Chagall
Conclude Giorgio, "in Di Lascia we find an interesting combination of literary anxieties. Her earlier denial of a debt to Morante has the outward appearance of an 'anxiety of influence,' originating in the awe that Morante must have exerted over her. Di Lascia's intuition of the imitability of Menzogna e sortilegio almost half a century later--contrary to some critics' belief in its inimitability-tells us that she found the model empowering; otherwise why should she have adopted it?" "Empowering", sì, ma anche pesante: Giorgio vede un "feminine 'anxiety of authorship' [termine di Gilbert e Gubar, si veda il loro The Madwoman in the Attic]... the need, as yet unconscious and unacknowledged by Di Lascia, to find a literary foremother who could legitimate her claim to literary authority." (p. 163)

martedì 23 novembre 2010

Radio3 ricorda Elsa Morante il 25 novembre

Il 25 novembre non è solo il giorno di ringraziamento qui negli Stati Uniti, ma anche il venticinquesimo anniversario della scomparsa della scrittrice Elsa Morante, e Radio3 la ricorderà con una puntata speciale dedicata alla scrittrice.

I programmi di Radio3 dedicheranno parte del loro spazio al ricordo di Elsa Morante giovedì il 25: 

Fahrenheit- tra gli ospiti Carlo Cecchi, regista, attore, amico della Morante, e  Giuliana Zagra della Biblioteca centrale di Roma che sta curando l'archiviazione dei manoscritti e dei materiali morantiani. 
Hollywood Party- le opere letterarie della scrittrice romana portate sul grande schermo da Luigi Comencini (La Storia) e Damiano Damiani (L'isola di Arturo).

A partire dalle 20.00 invece Radio3Suite 
ricorderà  con la musica la grande scrittrice e lo farà con il compositore già discusso qui,
Hans Werner Henze: Cantata della fiaba estrema (1963). Inoltre Radio3Suite presenterà Franco Donatoni: Madrigale, per quattro cori di voci bianche e quattro percussioni (1991).
Direttamente dalla Radio3 homepage a partire da mercoledì 24 sarà possibile ascoltare Memoradio, la webradio di Radio3, con un percorso sonoro dedicato a Elsa Morante.
 

venerdì 22 ottobre 2010

Recensione di Contemporary Jewish Writers in Italy: a Generational Approach

 Cari lettori, ho finalmente scritto la mia recensione per il giornale Annali d'Italianistica sul Contemporary Jewish Writers in Italy: a Generational Approach (a cura di Raniero Speelman, Monica Jansen e Silvia Gaiga, Italianistica Ultraiectina 2, Utrecht: Igitur Utrecht Publishing & Archiving Services, 2007) che verrà pubblicata nel 2011!
 
Fra i molti interessantissimi saggi del volume, ispirato da un convegno sulla letteratura italiana ebraica (ICOJIL) tenutosi a Utrecht nel 2006, ce ne sono due sulla Morante che riassumo qui (ma non nella recensione la cui lunghezza è limitata a 1000 parole): 
  • Gandolfo Cascio: "L’estetica dell’ebreo e del cristiano nei racconti de Lo scialle andaluso di Elsa Morante." Ho goduto l'opportunità di stare alla Biblioteca nazionale centrale di Roma per esaminare le carte di Elsa Morante nel 2007, in particolare le bozze de Lo scialle andaluso; la critica sulle opere morantiane più "giovanili" rimane ancora scarsa e perciò mi rallegra proprio l'attenzione che Cascio presta al Lo scialle andaluso (pubblicato il 1963). Cascio ci propone due archetipi: "quello apollineo e solare" e "quello saturnino, o lunare", identificando il primo come il modello vincente e quest'ultimo come "paradigma della sconfitta," vivendo "di luce riflessa." (Il legame con L'isola di Arturo, anche frutto di quel periodo, si mostra palesemente, come infatti nota Cascio.) Proseguendo la dialettica di questi due archetipi, o della luce e dell'ombra, Cascio mette in correlazione i tratti dei personaggi con le estetiche che vede come "ebrea" (il pallore, la bianchezza "lunare o di malattia", capelli neri, occhi chiari) o "cristiana" (la biondezza, gli occhi blu, l'angelologia morantiana). Conclude il nostro che tutti questi dettagli ripetuti trasmettono una valenza "di valore morale," o la funzione narratologica del personaggio.
  • Ada Neiger: "Da Elsa Morante a Elena Loewenthal. Breve viaggio nell’ebraitudine." Neiger ci individua le scrittrici italiane, cominciando con la Morante, che potrebbero essere considerate "ebree", una genealogia inquieta, che sempre torna ad interrogarsi. E la Morante stessa? Secondo Neiger, il suo "profilo ebraico" risulta "sbiadito" ma ciò nonostante insiste che la Morante riesce a creare "memorabili personaggi ebraici," e qui Neiger sottolinea La Storia "con il suo nitido affresco del ghetto romano" e i personaggi di Davide Segre, Ida e Useppe. Poi Neiger arriva alla folta scrittura ebraica femminile sull'Olocausto: sull'elenco di autrici del Lager figurano Elisa Springer, Helena Janeczek, e le più solite Edith Bruck, Liana Millu e Giuliana Tedeschi. Il percorso finisce con Elena Loewenthal e Clara Sereni, le due autrici le cui opere offrono nelle parole di Neiger "la loro neshuma (anima) ebrea" e che vede come "le nostre più autentiche scrittrici" forse perchè la questione dell'ebraitudine in loro non è così aperta--non ce ne spiega bene Neiger, il cui saggio serve meglio come un'introduzione breve alle scrittrici ebree più conosciute che un'analisi profonda. 
Il prossimo convegno ICOJIL avrà luogo all'Istituto Culturale Ebraico del Trentino (ICET) “Zygmunt Bauman” a Trento dal 28 al 29 gennaio 2011 con il tema "Riflessi dell’antise­mi­ti­smo nella lette­ratura ebraica moderna". Io spero di andarci!

lunedì 11 ottobre 2010

Aracoeli: The Power of Disturbance

Il poster del convegno del 2008 sull'Aracoeli
Due anni fa, in aprile 2008 a Berlino l'istituto ICI Kulturlabor Berlin ha ospitato un convegno sull'ultimo romanzo morantiano, Aracoeli, un libro spesso visto dai critici come pessimistica e difficile, una visione disperata che smaltisce i romanzi precendenti. Con questa lettura del romanzo, io non vado d'accordo completamente; Aracoeli ci presenta un mondo cupo, intimo, però direi non ciecamente pessimistica (benché il protagonista sia colpito da una specie di cecità). Ho scritto nella mia tesi dottorale che Aracoeli è un Vergangenheitsbewältigung all'italiana, una "novela del dictador" non latinoamericana sino italiana; che per Morante Aracoeli rappresenta l'ultimo suo tentativo di rifare il genere del romanzo.
Purtroppo non sono riuscita ad andare al convegno; scrivevo la tesi a New York in quei giorni e solo ho saputo del convegno qualche giorno prima dell'11 aprile, la data iniziale.

Nuovo libro sull'Aracoeli
Adesso sono lieta di annunciarvi che ho comprato una copia della raccolta dei saggi del convegno, The Power of Disturbance: Elsa Morante's Aracoeli, curata da Manuele Gragnolati, Reader in Italian Literature all' University of Oxford, e Sara Fortuna, dell'Università Guglielmo Marconi a Roma, pubblicata nel 2009 (ISBN-13: 9781906540500). Proverò a scrivere una recensione fra qualche settimana; non ne ho trovata nessuna sulla rete. Ci arrivo--aspettate! 

venerdì 8 ottobre 2010

"Ebrei" nascosti: Moravia e Morante a Fondi, settembre 1943-maggio 1944

Oggi scrivo brevemente solo per indicarvi due saggi interessantissimi di Emanuele Sepe sul soggiorno forzato di Alberto Moravia ed Elsa Morante a Fondi nella provincia di Latina dall'inizio di settembre '43 al maggio 1944. 

I nostri si sono dati alla fuga dopo l'8 settembre 1943, paventando le retate dei tedeschi (tutt' e due erano di origini ebraiche); però dovuto ad un'interruzione nella linea del treno, non potevano andare a Napoli, ed invece sono rimasti a Fondi. Il loro nascondiglio era una stanza in una casa contadina; i nove mesi passati lì hanno ispirato La ciociara di Moravia; e ne La Storia di Morante appaiono dei personaggi dagli stessi cognomi come i loro ospiti--i Mosillo e i Marrocco.

La ciociara con Sophia Loren (grazie a Margaret Herrick Library).

Il primo saggio di Sepe, "Una specie di porcile con un'anima: La Morante e Moravia a Fondi," racconta come la coppia è arrivata in quel paese montagnosa e povera e come erano accolti.

Nel saggio seguente, "Testimonianze: il ricordo dei Mosillo, Morante e Moravia a Fondi", Sepe descrive i rapporti amichevoli tra i due scrittori e i loro ospiti, riportando i ricordi di Isabella Savona, vedova di Mario Mosillo, e il professore Augusto Mosillo.

Trovo molto interessante questa mancanza di paura-- secondo gli interlocutori di Sepe, né Morante né Moravia temeva molto che qualcuno a Fondi potesse scoprire le loro origini ebraiche, perché i contadini ignoravano chi erano. Invece a Roma c'erano il pericolo nazista da cui hanno fuggito; un pericolo realizzato il 16 ottobre 1943.

La questione dell'identità ebraica di Morante mi interessa molto, precisamente perchè non è chiara o fissa (mettendo da parte, certo, le dichiarazioni razziali dei fascisti e dei nazisti che pretendono di chiarificare la questione!) C'è La Storia, ci sono le parabole di Aracoeli (che secondo Sergio Parussa  sono tracce cabalistiche; veda "The Womb of Dreams: Cabbalistic Themes and Images in Elsa Morante’s Aracoeli" nel Festschrift The Power of Disturbance: Elsa Morante's Aracoeli), c'è il racconto “Il ladro dei lumi” del 1935... comunque, della questione dell'ebraismo nella letteratura e nelle opere morantiane ne parlerò in un altro blog post!
 


venerdì 1 ottobre 2010

Il rapporto Moravia/Morante: gli anni 40 (parte seconda)

Ancora sul rapporto Moravia/Morante: stavolta torno a William Weaver, traduttore eminente, che nell'introduzione al suo Open City: Seven Writers in Postwar Rome ricorda l'ambito intellettuale romano del dopoguerra, per creare una seconda intervista "virtuale."
(Silone, Ignazio, William Weaver, and Kristina Olson. Open City: Seven Writers in Postwar Rome. South Royalton, Vermont: Steerforth Press, 1999. Kristina e io eravamo studentesse alla Columbia University insieme.)

Weaver passò l'inverno del 1947-1948 in una pensione vicino all'appartamento di Alberto Moravia ed Elsa Morante; nel 1949 si sono traslocati da Via Sgambati dove Elsa scrisse Menzogna e sortilegio in Via dell'Oca, una piccola strada che lega la Piazza del Popolo al Tevere. (E Moravia anche acquistò per Elsa uno studio in via Archimede 161 ai Parioli.)


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Ricorda Weaver: "Though they had been married for over five years (and had been together for some time before the marriage), Alberto and Elsa had never had a proper house of their own. Now thanks to Alberto's foreign royalties and the film work he continued to do, they were able to fit out the house [Via dell'Oca 27] comfortably, with many sofas and easy chairs in white or cream slipcovers, with paintings on the walls (at this time largely by Moravia's sister Adriana Pincherle, later by Elsa's tragic infatuation Bill Morrow), and with a varying number of Siamese cats, long ruled over by the imperious Gatto Tit. For Elsa, who had grown up in grimly respectable poverty, the Via dell'Oca house represented luxury; and, to crown this elegance, she engaged a cook. Thus — probably for the first time in her life — she gave dinner parties."

Non mi sorprende che Weaver sappia anche il nome del suo gatto, fatto che potrebbe sembrare estraneo o dimenticabile; come ho già scritto qui, a Morante piacevano moltissimo i gatti e non avrei dubitato che tutti i suoi amici avessero saputo i nomi dei i suoi gatti preferiti. E il nome "Tit" mi colpisce anche perchè nel suo Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina c'è un personaggio chiamato Tit, amico-eroe della protagonista Caterì. Adesso sembra d'esser un nome preso da un gatto reale!

E Weaver confirma che, come nell'intervista con Enzo Siciliano, Moravia parlava della ex-moglie sempre in modo gentile; e Weaver ci offre un ritratto onesto della Morante come tumultuosa e difficile:

"Speaking of Elsa once, some time after her death, Moravia — who continued to refer to her with affection and understanding long after their separation— said, 'Elsa was profoundly ingiusta.' 'Unfair' is too mild a translation, and 'unjust' sounds too juridical. What Moravia meant, I think, was 'Elsa liked to deal low blows.' And I have to agree with him. She could also be impulsive, and the blows could hit the innocent. To make matters worse, Elsa — at least, in certain frequent moods — loved to quarrel, and to cast blame, almost always on Alberto."

A questo ritratto della coppia Weaver aggiunge che Morante aveva un altro aspetto più dolce, più innocente: "There was this childish side of Elsa, rarely allowed to shine forth, yet irresistible when given free rein. The child-Elsa could also be naughty; and like other naughty children, she liked to cause discomfiture..."

A me piace di più questo ricordo di Weaver, che descrive benissimo non solo Morante stessa ma anche la sua passione per Menzogna e sortilegio, il suo primo romanzo.


"When I first met Elsa I knew her simply as Moravia's wife (fortunately she was unaware of this ignorance). Someone did tell me then, I believe, that she was herself a writer. But I hadn't read a word of hers. Then, during that first year in Rome, her great, vast first novel appeared: Menzogna e sortilegio (much later it came out in a heavily-cut English version, unhappily entitled House of Liars). I bought the thick Einaudi volume, but — as my Italian was still a work in progress — I set it aside, waiting until I could summon the nerve to tackle those densely printed pages. Still, since it was much discussed at the Moravia dinner table, I felt it might be a good idea to let her know that I at least owned a copy. So one night I took it along to dinner and asked her to sign it for me. To be on the safe side — I knew her diabolical instinct for vulnerable spots — I confessed at once that I hadn't yet read it.
And I braced myself for her ire. Of course, Elsa surprised me.
"Oh, how I envy you!" she said with immediate, genuine enthusiasm. "How I wish I could read my book with a fresh mind! What a wonderful experience you have in store for you! You're really lucky!" Her love for her book was, in its way, also childish, innocent, pure and complete. Later, as I gradually learned the story of how that book was written, and how she risked her life to rescue the manuscript from Nazi-occupied Rome, I better understood the way Menzogna e sortilegio was her beloved first-born. True, she loved her other books possessively, too (creating problems for her translator, as I was to discover when she chose me to turn La storia into English); but Menzogna e sortilegio occupied a unique place in her life, and today, if I pick it up and leaf through it, I feel her passion — and sense of ownership — in its pages."


mercoledì 29 settembre 2010

Il rapporto Moravia/Morante: 1937-1962 (prima parte)

Enzo Siciliano (1934-2006), scrittore e amico intimo di Alberto Moravia, pubblicò nel 1971 una lunga intervista in cui discussero tra altro il rapporto tra Moravia ed Elsa Morante. (Siciliano, Enzo, and Alberto Moravia. Moravia. Gente Famosa. Vol. 36. Milano: Longanesi, 1971.) 

Benchè avessero troncato il loro rapporto circa nove anni prima dell'intervista di Siciliano, Moravia si ricordava di Morante in modo piuttosto affettuoso. Riproduco qui alcune delle sue risposte alle domande per creare un'intervista "virtuale" sul rapporto Moravia/Morante.

Moravia conobbe la sua ex-moglie il novembre del 1936, però incominciò il loro rapporto nel 1937, al ritorno di lui della Cina. Dopo il loro matrimonio, sono andati ad abitare insieme in via Sgambati a Roma. Moravia si ricorda della liberazione di Elsa della povertà, così sottolineando l'importanza di "una stanza tutta per sé", cioè la minima base economica necessaria per entrare nella sua carriera letteraria.

«Quando l'ho conosciuta, Elsa abitava in un piccolo appartamento molto carino a corso Umberto. Non aveva letteralmente di che mangiare. Viveva compilando tesi universitarie. Non era capace di fare altro: era molto accurata nelle ricerche e scriveva bene. Mi ricordo che fece una tesi su Albertazzi e un'altra su Lorenzino de' Medici; me ne parlava continuamente. Quando ci siamo sposati, ho dovuto pagare le sue cambiali; neanche io avevo molti soldi e dovetti pensare a come guadagnarli.»

A quest'immagine di un' Elsa giovanissima e affamata, Moravia aggiunge una storia che a mio parere potrebbe essere una delle tante storielle morantiane; lei aveva una tendenza a fabbricare la storia della propria vita. Infatti quando facevo la ricerca per la tesi trovavo spesso nelle varie biografie di Morante certi errori (più spesso sulla data di nascita di Morante, che ho sempre visto come una piccola vanità dalla parte di lei di rendersi più giovane); questi errori vengono attribuiti dagli studiosi a lei stessa. Ed è così, credo, che troviamo Moravia narrando a Siciliano la seguente storia di un amore violento e sfortunato che a me sembra poco verace, quasi un Morte a Venezia o una poesia di Kavafis traslocata al Mezzogiorno. Ciò nonostante, già è ben notato che Morante era attratta dagli uomini gay in un certo senso.


«Era scappata di casa e si era innamorata di un inglese, un omosessuale che ammazzò davanti a lei il proprio amante. Lo ammazzò sotto i suoi occhi durante una festa. L'amante gli disse: 'Spara, spara'. E l'inglese sparò. Lei ne ebbe un trauma fisico: si ammalò. Lui finì in galera. Era di quegli inglesi estetizzanti che amano il sud, e non era privo di intelligenza. Quando scoppiò la guerra, l'ambasciata ottenne da Mussolini la grazia, e lui se ne tornò in Inghilterra.»


E in quel periodo lei anche scriveva...

«Nel '37 stava scrivendo i racconti di Gioco segreto che uscirono nel '38. Aveva una sconfinata ammirazione per Kafka. Anche a me piaceva Kafka, amavo molto La metamorfosi, ma avevo una certa diffidenza per il meccanismo delle sue strutture narrative. A quel tempo Kafka lo leggevano in Italia, era in qualche modo di moda: Buzzati cercava di imitarlo.»

Siciliano scrive che i cinque anni tra il '55 e il '60, è un tempo in cui c'era "una crisi psicologica di Moravia" ed in cui il matrimonio Moravia-Morante costituiva "una delle leggende della vita letteraria
italiana degli anni cinquanta."

E come giudica Moravia retrospettivamente il suo rapporto con Elsa?


«Ho conosciuto Elsa nel '36; ci siamo separati nel '62. È stato un rapporto durato più di venticinque anni. Direi che un matrimonio che dura venticinque anni è un matrimonio particolarmente riuscito. (...) Forse tra noi due si era cristallizzata una forma di rivalità psicologica. Ma è vero anche che non so neppure io quali sono stati i miei veri rapporti con Elsa. Mi sembra che sia stata lei a volerli troncare. Cioè, ho idea che abbia reso la nostra vita talmente difficile che sentivo che avrei rasentato la follia se non ci fossimo separati.

« Quando l'ho incontrata era la persona più delicata che avessi mai conosciuto. Col passare del tempo, però, ha letteralmente cambiato carattere. Ha preso sempre più consistenza dentro di lei una forma di disperazione negatrice e aggressiva. Questo riguarda essenzialmente il legame che ha con me, che per altri versi è anche dei migliori e dolce. Perché Elsa è una creatura di una ricchezza umana realmente eccezionale: e per questo la sua presenza nella mia vita non si smaltisce con semplicità.
 
« Devo dire che mi ha dato moltissimo: mi ha aiutato a uscir fuori dai valori della borghesia, a guardarli con un occhio critico, con un occhio più sagace. Mi è stata accanto nei momenti più difficili della mia esistenza, al tempo della discriminazione razziale, durante gli anni più duri della guerra e dell'occupazione tedesca. In cambio le ho dato sicurezza. Nel '36 era una ragazza con cui la vita non era stata clemente. Da allora in poi, a tutt'oggi, ha potuto fare tutto quello che ha voluto: non ha più avuto bisogno di lavorare per vivere. E credo che questo, per uno scrittore, sia moltissimo. »

venerdì 24 settembre 2010

Musica e poesia: Hans Werner Henze e Elsa Morante

Hans Werner Henze

Hans Werner Henze. CreditErich Auerbach/Hulton Archive, via Getty Images

Il compositore tedesco Hans Werner Henze (1926-2012), fuggì la Germania negli anni cinquanta per l'Italia. Dopo un periodo di residenza sull'isola di Ischia, Henze parto in gennaio 1956 per Napoli e poi Roma, dove trascorreva molti anni.  Collaborava a lungo con la poeta tedesca Ingeborg Bachmann.  
Comunquen nel 1963 ha scelto di basare una composizione sulla poesia di Elsa Morante:
Cantata della fiaba estrema (1963)
http://www.amazon.com/gp/product/B000XXR02A
http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/14/luce_Roma_nella_mia_musica_co_9_100214059.shtml

"La luce di Roma nella mia musica" di Cappelli Valerio Pagina 35 (14 febbraio 2010) - Corriere della Sera

Brevi soggiorni a Ischia e a Roma, dove fu accolto alla corte di Visconti: «Incarnava lo charme, volendo, poteva essere molto violento e aggressivo, era circondato da gente piena di splendore e arroganza, mi sentivo fuori posto»; frequentò Elsa Morante: «Era il mio punto di riferimento, coi suoi begli occhi miopi che tradivano i sentimenti, musicai una sua poesia d' amore, Alibi, purtroppo litigammo e lei era radicale in questi "divorzi"»
Video della Cantata della fiaba estrema (1/3)


Video della Cantata della fiaba estrema (2/3)




Video della Cantata della fiaba estrema (3/3)

giovedì 16 settembre 2010

Una gattara di mio gusto

Autoritratto con due gatti; da Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina
Non è per caso che Elsa Morante si rappresenta accompagnata da due gatti!

Però vorrei disegnare prima la sua visione degli animali in generale: tutti gli animali, secondo Morante, sono ancora in uno stato di grazia, per non aver mangiato il frutto della scienza nel paradiso terrestre (per così dire); perciò gli animali non solo non hanno la conoscenza del bene e del male, ma anche offrono a noi una compagnia priva delle "guerre faticose della speranza e dell'orgoglio." Insiste Morante, "Grazie a loro, noi possiamo incontrare, sulla terra, uno sguardo vivente che ci dichiari l'amicizia più tenera, senza nessuna ombra di giudizio!" E conclude la nostra, "Infelice l'uomo che ignora le consolazioni di simile amicizia!" E chi torna alle opere morantiane--a La Storia con la cagna Bella o a Menzogna e sortilegio con il misterioso gatto Alvaro o all'Aracoeli in cui Manuele si ricorda tristemente di un cagnetto perduto nell'infanzia--vedrà quell'amicizia.

Comunque, existe per Morante tra quegli esseri beati un re, "il vero re degli animali", ed è il gatto siamese.  (Morante, Elsa, Cesare Garboli, and Carlo Cecchi, eds. Opere. Vol. 2. 2 vols. Milano: A. Mondadori, 1988, p. 1475-1477)

Nella collezione di poesia Alibi ci sono due poemi che si trattano dei gatti: "Minna la siamese" e "Il gatto all'uccellino." "Minna" offre un ritratto di una gatta siamese e il suo tempo, così diverso dall'umano: 


Se penso a quanto di secoli e cose noi due divide, 
spaúro. Per me spaúro: ch’essa [Minna] di ciò nulla sa.
Ma se la vedo con un filo scherzare, se miro
l’iridi sue celesti, l’allegria mi riprende.
"Celeste", parola che ci riporta all'idea morantiana degli animali come abitanti dell'Eden e ai giovani eroi dei romanzi (Eugenio, Edoardo, Useppe e Wilhelm, tutti dagli occhi celesti) e dei racconti ("I due zaffiri", "La nonna").


"Il gatto all'uccellino", del 1957, anno stesso della pubblicazione de L'isola di Arturo, invece ci racconta  la caccia di un uccello dalla prospettiva felina. Sottotitolato "scherzo", termine che evoca la musica mozartiana così importante alla fine de L'isola di Arturo, il poema è una danza bramosa e carnale ("O vita della mia carne, alato sangue...")

 Sul filo periglioso tu, pieno di grazia
ti posavi, e in un volo a me ti rubi:
a me che giro digiuno in cerchi insani,
io futile minotauro negato al volo.

E il poema atterra in modo scherzante con il verso: "E un topolino di terra fu la mia preda."

...

In una memoria pubblicata nel 1988 Luca Fontana descrive Elsa Morante stessa come una gatta da occhi di colore viola. (Fontana, Luca. "Elsa Morante: A Personal Remembrance." PN Review 14.6 62 (1988): 18-21.)
Fontana ci spiega (che cito qui nella lingua originale in cui l'ho trovato): "To cats she devoted an affection bordering on Egyptian worship... 'Cats', she maintained, 'are not tame animals like dogs. They have chosen to live with us; to an extent cats are parasites of man - we are nothing but the right environment for them.' All the cats of Rome, the million cats which live in the ruins, knew her personally, and she knew them too. She used to give a name to any stray cat that crossed her path, and she could recognize him or her years later. Besides caring for her own many Siamese cats, her private worship consisted in going out late at night, wandering through ruins and fora with two huge carrier-bags filled with tripe, sweetbreads and any possible delicacy, and feeding as many as possible. She wasn't alone in these expeditions - she used to meet dozens of other ladies adept in the same cult, which is still quite widespread in Rome among old, lonely women with a meagre pension; they are popularly known as le gattare, the cat-ladies. During these nights she underwent a metamorphosis; even in appearance she became one of them, speaking the same brand of Roman dialect, turning a perfect gattara. She would sit on a worn step or a toppled capital and chat away for hours. She knew all their stories, and in her handbag she often had a few envelopes with some money for those of them who were more in need."
E secondo William Weaver, nel suo Open City: Seven Writers in Postwar Rome, Morante sempre rifiutava regolarmente di mangiare a una certa trattoria perchè credeva che il proprietario trattava male il suo gatto!

domenica 12 settembre 2010

Procida: Novità letterarie

Generata dalla lotta fra Zeus e i giganti secondo il mito, Procida è una delle isole flegree nel golfo di Napoli; le altre sono Ischia, Vivara e Nisida.  Si può ammirare la grande bellezza di Procida sulla rete qui.

Il secondo romanzo di Morante, L'isola di Arturo, è ambientato nell'isola di Procida e l'autrice stessa ha passato più di un'estate lì a mio parere. L'affetto che nutriva per l'isola è espresso palesemente nel romanzo, per esempio all'inizio si legge: "Ah, io non chiederei di essere un gabbiano, né un delfino, mi accontenterei di essere uno scorfano, chè il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell'acqua." Citazione che viene utilizata spesso nei siti turistici procidani!
E l'altro ieri per la prima volta ho sentito la voce della Morante in un'intervista che ho trovato sul blog di Procida, in cui dichiara che Procida è "una delle isole più belle che ho mai conosciuto":



Inoltre è ora di pensare a Procida perché sabato il 18 settembre ci sarà la serata dedicata alle premiazioni della XXIV edizione del Premio Letterario "Procida, isola di Arturo Elsa Morante" Edizione 2010.
Il premio letterario organizzato dall'assessorato alla Cultura del Comune di Procida con il patronato del Presidente della Repubblica e della Regione Campania, si articola in tre sezioni:
- Sezione narrativa e poesia
- Sezione saggistica
- Sezione traduttori
- Sezione "All'isola" riservata a tesi di laurea sull'isola realizzate nell'ultimo anno.
-Sezione per il miglior libro straniero

C'è anche un premio per la letterature per ragazzi che era già annunciato il 21 maggio 2010--la locandina è bellissima.

Altre novità letterarie di autunno: ho saputo che fra poco sarà disponibile in libreria un nuovo volume intitolato L'isola nomade, racconti per Procida che raccoglie i testi di dodici scrittori, sempre sulla Procida.

La prefazione è di Dacia Maraini; gli scritti sono di Maria Attanasio, Enzo Colimoro, Piera Degli Esposti, Raffaele La Capria, Luciano Ligabue, Dacia Maraini, Antonio Carannante, Michele Mari, Piero Meldini, Alberto Mario Moriconi, Tjuna Notarbartolo e Toti Scialoja.

venerdì 3 settembre 2010

Teatro Morante: 'La canzone degli F.P e degli I.M.'

"Che significa F.P.? Si tratta di un'abbreviazione per Felici Pochi.
E chi sono i felici pochi? Spiegarlo non è facile, perché i Felici Pochi sono indescrivibili.
Benché pochi, ne esistono d'ogni razza sesso e nazione e poca età società condizione e religione. Di poveri e di ricchi (però, se nascono poveri, loro, in generale, tali rimangono, e se nascono ricchi, presto si fanno poveri) di giovani e di vecchi (però difficilmente loro arrivano in tempo a farsi vecchi) di belli e di brutti (a vero dire, loro pure quando siano volgarmente intesi brutti, in REALTÀ sono belli; ma la REALTÀ è di rado visibile alla gente... 
Insomma. Obiettivamente, per giustizia, qua si certifica, in fede, che gli F.P. sono tutti e sempre bel-lis-si-mi, anche se per suo conto la gente non lo vede).
[...] E che significa I.M.? Si tratta, ovviamente, anche qui d'una abbreviazione per Infelici Molti. E chi sono gli infelici molti? Sono TUTTI gli altri [...]".



da «Il mondo salvato dai ragazzini» di Elsa Morante

Teatro della Albe, stagione 2009


Racconta Marco Martinelli, regista della lettura pubblica e teatralizzata "La canzone degli F.P. e degli I.M." che era rappresentata nel 2009 a Teatro delle Albe a Ravenna (la prima nazionale era al VIE Scena Contemporanea Festival, Modena, Biblioteca Civica d'Arte Poletti, il 28 ottobre 2005): "Elsa Morante da sempre ci accompagna nel nostro lavoro. Ora, a vent'anni dalla morte [nel 1985], di lei si parla poco. Quello che ci ha toccato è che, oltre ad aver previsto la grande omologazione e il regno degli 'Infelici Molti', possedeva una sorta di 'premura rivoluzionaria'". 

"La canzone degli F.P. e degli I.M." sul palcoscenico (2009)
Il pazzariello, personaggio centrale a quell'opera fantastica morantiana senza genere 
Il mondo salvato dai ragazzini, accompagnato da un medico e due infermieri, racconta la "Canzone". 

Ho trovato delle recensioni positive sulla rete (peccato che io non abbia avuto l'opportunità di stare alle rappresentazioni!). Renato Palazzi scrive: "Con scelta acremente provocatoria, Martinelli affida le parole del testo a una figura che risulta essere il paziente di un manicomio, inseguito da un medico e due infermieri. Soprattutto questi ultimi provano a soffocarne la vocazione alla diversità, malmenandolo, legandolo, impedendogli di parlare: ma lui, tenero e inarrestabile, con insistenza stralunata riesce a convincere il dottore e forse, per un attimo, persino i due bruti."
La quarta di copertina de Il mondo salvato dai ragazzini con ritratto d'autore 

mercoledì 1 settembre 2010

Moravia/Morante: la sorella di Shakespeare?

Alberto Moravia e Laura Morante, la nipote di Elsa
Qualche anno fa ho trovato un foto saggio, una serie di ritratti di Alberto Moravia, già invecchiato, con l'attrice Laura Morante, la nipote di Elsa.

La somiglianza tra Elsa e Laura mi aveva fatto una grande impressione.

Mentre guardavo le foto mi venne in mente il saggio famossisimo della Woolf in cui immagina la sorella di Shakespeare-- la frustrazione delle sue ambizioni, il silenzio della storia, l'impossibilità della sua voce e di ricostruire quella voce perduta.



Moravia
Moravia era un gran ammiratore della sua (ex)moglie; anche Lukacs, Pasolini, e come ci raccontano Stefania Lucamante e Sharon Wood nell'unico volume scolastico importante disponibile in inglese sulla Morante, Under Arturo's Star: The Cultural Legacies of Elsa Morante (West Lafayette, Indiana: Perdue UP, 2006), tante altre scrittrici italiane; comunque oggi la Morante resta sconosciuta nel mondo anglofono, benché avesse tradotto la Katherine Mansfield, scrittrice lodata neozelandese, e ché riflettesse nei romanzi suoi tante delle preoccupazioni della letteratura femminile del mondo anglofono.



Le mani di Moravia
In questi giorni sto provando a convincere una casa editrice di pubblicare una mia traduzione del capolavoro morantiano, Menzogna e sortilegio. Già ho ricevuto una risposta negativa, spiegando che non c'è abbastanza interesse negli Stati Uniti e che i diritti del libro costano troppo... Coraggio!

Aggiornamento (il 3 settembre):
Ho spedito una bozza del prologo del romanzo Menzogna e sortilegio (che avevo già tradotto per la gara della British Comparative Literature Association) a un giornale accademico, Journal of Italian Translation... vediamo!

martedì 31 agosto 2010

Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina
Un'illustrazione del libro giovanile scritto da E. Morante che conta tra i suoi primi sforzi letterari, Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina (pubblicato negli anni quaranta ma scritto parecchi anni prima quando era una quattordicenne, mi pare). Disegnata dall'autrice stessa: la mano sua, così facile da riconoscere!
Nell'illustrazione (a sinistra) noto l'elaborazione visuale dell'atmosfera psicologica ed ariostesca dei romanzi morantiani e dei suoi protagonisti:

Il grotto cupo e uterino dell'infanzia addormentata (e qui la protagonista femminile si distingue); le avventure strepitose (d'una figura piuttosto androgina ma ancora giovane); e sulla cima il castello onirico. Il sentiero ci va, ma in modo tortuoso attraverso le colline--vedendo il castello in alto così acceso del sole subito i miei pensieri tornano al L'isola di Arturo.

Sono andata a Roma nel 2007 per esaminare un manoscritto della Morante alla Biblioteca nazionale centrale di Roma, che conserva tutti i suoi manoscritti e le sue carte. Una bozza de Lo scialle andaluso mi occupava per due settimane indimenticabili. Sparsi sulle pagine dei quaderni in cui la Morante ha scritto questa bozza
primizia ed incompiuta erano dei disegni e degli scarabocchi simili alle immagini de Le bellissime avventure. L'affisso della mostra del 2006 organizzata dalla Biblioteca offre delle immagini simili, intrecciate in modo bellissimo con la sagoma  della creatrice stessa: